San Mauro.Immagini di una tradizione.
Come tradizione, l’ultima di maggio viene venerato, a Ripa, San Mauro abate.
Originariamente, il riferimento è riportato ad almeno trent’anni orsono, la circostanza offriva agli operatori della campagna ed allevatori, l’occasione di conoscere nuove tecnologie per i lavori dei campi. Venivano esposti mezzi agricoli (frese, trattori,..) ed animali (capre, pecore, agnelli, …). Era insomma l’occasione di apertura di un mercato tecnico ed agricolo per tutti i paesi vicini e non solo per Ripa. Si ricorda la presenza numerosa di cittadini dei paesi vicini. Oggi di tutto questo è rimasto ben poco. Solo un mercato con bancarelle e la curiosità dei bambini.
Quest’anno temperatura mite e tempo buono hanno consentito la presenza numerosa di gente devota al santo e di curiosi immergersi nella via principale tra le bancarelle che hanno offerto ogni genere di prodotti. Dalla classica “porchetta” di Ripa, alle classiche noccioline e prodotti per la casa.
San Mauro abate. Poco si conosce di questo Santo. Monaco, abate dell’ordine benedettino, fu il principale discepolo di San Benedetto da Norcia. Insieme a san Placido
Non si hanno notizie precise della sua vita ad eccezione di quanto racconta papa Gregorio Magno in uno dei suoi dialoghi. Si sa che visse come discepolo di san Benedetto da Norcia e presumibilmente, quando questi lasciò Subiaco per Montecassino, gli successe come abate. A lui sono attribuite gesta prodigiose: camminare sulle acque, vedere e scacciare i demoni.
Un episodio, riportato anche dalla Legenda aurea di Jacopo da Varahine, racconta che quando il monaco Placido cadde in un lago vicino al convento, Benedetto, avendo visto ciò che stava accadendo in una visione, esortò Mauro a correre in aiuto del giovane compagno, ed egli lo salvò camminando sulle acque.
Vissuto nel VI secolo, figlio di un nobile romano, fa affidato bambino a S. Benedetto, di cui divenne il discepolo prediletto e quindi fidato collaboratore. Mandato in Francia fondò a Granfeul un monastero. Nell’ultimo periodo della sua vita si dedicò alla preghiera e alle letture. La sua vita, oltre che di amore verso Dio, è ancora oggi esempio di obbedienza all’Ordine.
Si racconta di un prete di vita sconcia che per far fuori Benedetto da Norcia gli manda nella sua comunità di Subiaco l’omaggio tradizionale di un grosso pane benedetto. Ma al nostro Mauro basta toccarlo per “sentire” che è avvelenato. E chiama un corvo suo amico, che pronto arriva a uncinare il pane col becco e a portarlo lontano. Un affresco nel Sacro Speco di Subiaco mostra il corvo già in volo col pane, Benedetto che lo saluta e due ragazzi che stanno a guardare stupefatti. Si chiamano Placido e Mauro, figli dei patrizi romani Tertullo ed Eutichio, che li hanno condotti nella “confederazione” di piccoli monasteri creata da Benedetto, e a lui li hanno affidati per l’educazione.
Come accennato il papa Gregorio Magno (590-604) parla di Mauro nei suoi Dialoghi e gli attribuisce gesta prodigiose. Oltre al salvataggio dell’amico Placido dalle acque del lago, tirandolo in salvo per i capelli, si ricorda di quando si mise a pedinare un monaco che tagliava sempre la corda nell’ora della preghiera; e smaschera così un piccolo diavolo che sta vicino a lui, e lo tira per la tonaca… Ma tutto avviene sempre per ordine e con l’aiuto del padre spirituale, cioè di Benedetto.
Quando Benedetto lascia Subiaco per Montecassino (verso il 529), Mauro quasi certamente rimane lì, come abate di Subiaco. E a questo punto finisce la sua storia, già tanto esile e monca: non conosciamo gli anni di nascita e di morte né alcun altro fatto che lo riguardi. Affondato nel mistero.
Trecento anni dopo (863) compare in Francia una sedicente “biografia” di lui. Autore: l’abate Odone di Glanfeuil, che dice di aver praticamente riscritto il racconto di un certo Fausto, amico di Mauro e arrivato con lui in Francia, portandovi la Regola benedettina. Non c’è alcun documento che confermi il racconto di Odone o che certifichi la presenza di Mauro in terra francese. Pura fantasia, si direbbe. Eppure…
Eppure il paese dell’abate Odone, Glanfeuil, si è poi chiamato Saint Maur sur Loire. Eppure nel 1618, mille anni dopo Mauro, nasce in Francia una congregazione benedettina, che nel 1766 avrà 191 case e 1.917 monaci. E con loro, ecco tornare il nome del discepolo di san Benedetto: questi religiosi si chiamano infatti monaci maurini. La fine della loro congregazione, poi, è una grande pagina di storia benedettina: nei “massacri di settembre” della Francia rivoluzionaria (1792) viene messo a morte l’ultimo abate generale: Agostino Chevreux. E con lui altri quaranta confratelli. Tutti monaci maurini.
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